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Domus de janas S’Incantu

Il sepolcreto prenuragico di Putifigari che sorge nella Valle di S’incantu è il più celebre esempio di architettura dipinta del neolitico. Le domus de janas di S’Incantu sono scavate ad anfiteatro in un affioramento di tufo rosa, lungo il pendio del Siseri, a quota 850 metri. S’Incantu, portata alla luce nel 1989, è databile tra Neolitico recente ed Eneolitico (3200-2600 A.C.). E’ proprio questo il nome in sardo “S’Incantu” (incanto) che rappresenta un meraviglioso esempio di sepoltura antica, risalente a cinquemila anni fa. E’ un monumento sepolcrale unico, forse il più celebre e intatto lavoro d’arte funeraria restituito alla modernità in tutto il suo splendore. Un faro fra le civiltà del Mediterraneo che illumina il territorio del Coros e attorno al quale si apre un itinerario turistico unico nel suo genere. Perfettamente riprodotta nella roccia, S’Incantu rappresenta una capanna neolitica che accompagna l’uomo nel passaggio dalla vita alla morte, il luogo in cui i morti riposano in pace nei secoli. Nessun dettaglio lasciato al caso così come i particolari dei bassorilievi; al suo interno un lavoro di architettura senza eguali, varietà di decori e colori, una ricercatezza nei significati e nella simbologia che unisce l’aldilà alla vita terrena. Inoltre, nel rappresentare la dimora dell’aldilà esattamente ad immagine della dimora terrena, la domus di S’Incantu restituisce una straordinaria documentazione non solo dell’architettura funeraria, ma anche dell’architettura civile, riproducendo nei minimi dettagli una capanna del Neolitico recente, con pali interni di sostegno, la travatura del tetto, le finte porte scolpite, i gradini. E’ la tomba I del sepolcreto, quella visitabile, nella quale poter osservare raffinati particolari scultorei e bassorilievi a tutto tondo. Ma non solo. L’effetto artistico in chiaro scuro arricchisce di magia il monumento, paragonabile per grandiosità alle tombe a camera etrusche. La pianta a T è costituita da vani in successione, con pavimentazione sfalsata e un lungo dromos che termina con un atrio decorato. Entrando nella domus, attraversiamo una piccola anticella quadrangolare, dove sono scolpite triplici corna curvilinee a barca e due porte scolpite ai lati delle pareti, che simboleggiano il passaggio alla vita ultraterrena. Dalla parte opposta all’ingresso, si accede alla sala centrale, di forma rettangolare, il cui soffitto, alto più di due metri, rasenta la perfezione. Un esempio di abilità architettonica che non ha eguali: è riprodotta scolpita a rilievo, la struttura lignea di un tetto a doppio spiovente. L’alternanza di tonalità cromatica completa il capolavoro: la trave centrale e i sette travetti trasversali per lato sono dipinti di nero, mentre le travi laterali e gli spazi tra i travetti di rosso ocra. Il soffitto sembra sostenuto da due colonne quadrate, realizzate asportando materiali dalla roccia e scolpite a rilievo con protomi taurine stilizzate. Anche nella parete opposta all’ingresso si può notare la falsa porta incorniciata da triplici corna taurine: è tangibile l’assoluta devozione verso il dio Toro, simbolo della fertilità, fondamento della religione prenuragica. Sui lati, due portelli decorati e sopraelevati danno accesso alle celle destinate alla deposizione dei defunti. Gli ambienti sono spogli di ornamenti: netto il contrasto tra la loro semplicità e i decori della cella principale. All’esterno dell’ipogeo, lungo il banco di roccia, sono scavate coppelle, vaschette e canalette che impedivano alle acque piovane di penetrare nella sepoltura. Al centro del pavimento spicca un ‘ipnotico’ focolare: quattro cornici concentriche e una coppella centrale, del diametro di un metro, destinata a contenere le offerte ai defunti. Perfezione architettonica e devozione del culto dei morti, S’Incantu rappresenta la regina delle Domus in Sardegna e ogni anno cattura l’attenzione di migliaia e migliaia di visitatori. I materiali rinvenuti durante lo scavo attribuiscono la tomba alla cultura di Ozieri del neolitico recente, confermando inoltre l’attribuzione delle corna taurine di tipo curvilineo complesso a tale momento cronologico e culturale, contro altre teorie che sinora, in mancanza di dati di scavo archeologico, riferivano tali decorazioni ad una fase più tarda, già di età eneolitica.
A poche decine di metri dalla tomba I, si trovano le tombe II e III. Nella badde de Janas (valle delle fate), sul versante opposto del monte, a 700 metri dalle altre tre, sorge il quarto ipogeo, anch’esso danneggiato.

Fonte: Preistoria Alpina Museo delle Scienze Trento 2012